Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 03 marzo 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Scoperte le basi molecolari di molti casi di aprassia del linguaggio in età evolutiva. Dopo oltre 15 anni dalla scoperta di FOXP2 (v. FOXP2 e la parola, nella sezione “IN CORSO”) la maggior parte dei disturbi del linguaggio dell’età evolutiva non è stato spiegato al livello molecolare. Eising e colleghi hanno sequenziato il genoma di 19 ragazzi senza rapporti di parentela fra loro e tutti diagnosticati di “aprassia infantile del linguaggio”, un raro disturbo attribuito a mutazioni causali di grande effetto, scoprendo mutazioni de novo in vari geni, fra cui CHD3, SETD1A e WDR5. In altri probandi hanno identificato nuove varianti con perdita di funzione, riguardanti i geni regolatori associati allo sviluppo KAT6A, SETBP1, ZFHX4, TNRC6B e MKL2. I nuovi geni candidati interagiscono fra loro o con geni ben noti associati al linguaggio. Inoltre, sono tutti raccolti all’interno di un singolo modulo di co-espressione, al quale appartengono geni altamente espressi durante la prima fase di sviluppo del cervello umano. [King J. B., et al. Cell 172 (4): 667-682, 2018].

 

Bassi livelli di estradiolo in donne con la fobia dei ragni riducevano la risposta alla terapia. Un trattamento di “estinzione per esposizione” è stato sperimentato in 90 donne affette da fobia per i ragni: 60 avevano un naturale ciclo mestruale e 30 erano prive per trattamento con contraccettivi ormonali. Sono stati valutati i livelli dello steroide sessuale estradiolo. Le donne con bassi livelli di estradiolo, e ovviamente tutte quelle in terapia anticoncezionale, hanno presentato il grado più basso di miglioramento e i livelli più alti di paura, come riferito dalle stesse pazienti. Con questo studio, Graham e colleghi per la prima volta hanno dimostrato questo collegamento solo ipotizzato in passato. [Graham B. M., et al. Psychoneuroendocrinology 90: 134-140, 2018].

 

Dimostrata presenza e ruolo di hub di connettività nel cervello embrionario. I progressi nel neuroimaging e nell’analisi delle reti hanno portato alla scoperta di centri di altissima connettività denominati “hub”, quali sedi principali nell’architettura delle vie che costituiscono l’insieme dei collegamenti dell’encefalo. Si è ipotizzato che questi nodi principali di connessione e connettività funzionale siano presenti già nello sviluppo embrionario. Uno studio finalizzato a verificare questa possibilità è stato condotto da van den Heuvel e colleghi. I risultati, non solo hanno fornito prove inconfutabili della precoce formazione embrionaria di questi centri delle reti, sia in regioni primarie sia in aree associative, ma hanno anche dimostrato la loro importanza per la funzione in corso di sviluppo. Dall’insieme dei dati si deduce che l’hub, proprio per la sua importanza nel facilitare la comunicazione fra le reti neuroniche, può costituire un punto di maggiore vulnerabilità nello sviluppo fetale. [Dev Cogn Neurosci. 30: 108-115, 2018].

 

Identificato un nuovo gene associato ai disturbi dello spettro dell’autismo (ASD). Lou e colleghi dell’Università di Taiwan in uno studio recente hanno scoperto una nuova regione di delezione associata alle sindromi ASD, che include il gene ARHGEF10; ora hanno generato dei topi knockout per Arhgef10 per verificare se possono rappresentare un modello sperimentale di ASD. La nuova sperimentazione ha dimostrato che ARHGEF10 può essere un gene di rischio per i disturbi con le manifestazioni cliniche dell’autismo, e che il modello di topo knockout per Arhgef10 potrebbe essere utile per studiare i meccanismi patologici e la neurotrasmissione delle sindromi autistiche umane. [Mol Autism – AOP  doi: 10.1177/2041669518759123, Feb. 13, 2018].

 

Perché nella mente il rosso pesa più del giallo? Per motivi non ancora ben definiti scientificamente, si sviluppano delle tendenze ad attribuire ad elementi di una modalità percettiva valori di senso o qualità derivate, senza una logica apparente, da un altro canale sensoriale o da una scala di valori cognitivi, quali il peso, la grandezza, la velocità o il sapore. Alcuni di questi giudizi si sono rivelati identici in persone dei cinque continenti, indipendentemente dalla cultura e dalla lingua parlata. Non si tratta di sinestesia (vedi dopo), ossia della percezione soggettiva del colore di un numero o del sapore di un colore, ma di un’associazione di concetto, convenzionalmente nota in scienza cognitiva come corrispondenza trans-modale (cross-modal correspondence). Studiando questo fenomeno, gli psicologi cognitivi hanno rilevato che, quasi universalmente, i limoni sono considerati veloci, i massi di pietra aspri e il rosso più pesante del giallo. Si dibatte se queste corrispondenze trans-modali siano dovute a collegamenti impropri fra elaborazioni cerebrali o siano apprese mediante i concetti della lingua verbale. Barilari e colleghi del Center for Mind/Brain Sciences dell’Università di Trento, del Center for Research in Cognition & Neurosciences dell’Università Libera di Bruxelles e degli Istituti di Psicologia e Neuroscienze dell’Università di Lovanio (Belgio) hanno fornito un contributo a questi studi, dimostrando che persone affette da cecità congenita, prive dell’esperienza percettiva del colore, ugualmente ritengono che il rosso pesi più del giallo. [Iperception AOP – doi: 10.1177/2041669518759123, Feb. 13, 2018].

 

Nonostante il nostro contributo alla sua conoscenza, la sinestesia rimane ancora ignota, anche a molti professionisti dell’ambito delle neuroscienze. In un incontro di BM&L-Italia sono stati discussi i principali motivi a favore dello studio della sinestesia, per comprendere i rapporti fra la percezione e la sua elaborazione concettuale. Qui di seguito si riportano alcuni brani di due nostri precedenti articoli: Sinestesia come finestra sulla natura del pensiero; Anatomia cerebrale della percezione cosciente.

Nel 1880 Francis Galton, studioso poliedrico e cugino di Charles Darwin, pubblicò sulla rivista Nature uno scritto su un fenomeno curioso e interessante definito “sinestesia”: alcune persone riferivano di percepire, costantemente associata ad alcuni stimoli reali, una qualità non presente ai sensi come, ad esempio, il colore di un numero. Galton aveva compreso che non si trattava di un’associazione concettuale, come quella che può portare qualcuno a considerare più appropriato un colore freddo e scuro per i numeri dispari ed un colore caldo e chiaro per i numeri pari o viceversa, ma di un fenomeno di percezione paradossa. Tuttavia la comunità scientifica dell’epoca rimase scettica, e la maggior parte degli studiosi si tenne a debita distanza da un presunto fenomeno che, non potendo essere sottoposto al vaglio sperimentale per la sua qualità di sensazione soggettiva, si prestava ad essere considerato il parto di menti fantasiose, suggestionabili, immaginifiche o propense ad ingannare il ricercatore.

 Nel corso del secolo seguente, sebbene si fosse sviluppato lo studio scientifico della mente e molti fenomeni psichici avessero trovato spiegazioni razionali, per la sinestesia non si fecero passi in avanti, anche a dispetto dei numerosi studi condotti sugli effetti sinestesici di sostanze dislettiche -erroneamente dette allucinogeni- quali la dietilammide dell’acido lisergico (o LSD, la droga degli hippies degli anni Sessanta), la mescalina, la psilocibina e vari altri composti fra cui i derivati sintetici della 5-HT. Ma ciò è comprensibile, perché le associazioni sensoriali dovute a queste sostanze psicotrope si studiavano come effetto di un’azione tossica su un funzionamento normale, per cui contribuivano ad allontanare l’attenzione scientifica dalla possibilità che alcune persone, in condizioni normali, reagissero ad uno stimolo sensoriale specifico anche con l’evocazione di una risposta ordinariamente associata ad uno stimolo diverso. Si è dovuto attendere lo sviluppo delle più recenti tecniche di studio della fisiologia encefalica, per il riconoscimento della sinestesia come fenomeno percettivo conseguente ad un particolare tipo di funzionamento cerebrale” (Note e Notizie 29-12-05 Sinestesia come finestra sulla natura del pensiero).

Nel secondo articolo, a proposito di questa associazione ad uno stimolo di una qualità non derivata dalla recezione sensoriale, ma associata dalla propria mente, come il sapore di una forma o il colore di una nota musicale, si legge: “A questa facoltà si diede il nome di sinestesia (dal greco syn = insieme, e aisthesis = percezione, da aisthanesthai, percepire) ma, essendo un fenomeno raro e non comprovato sperimentalmente in forma oggettiva, molti dubitarono della sua reale esistenza e, di fatto, non ha più attratto l’attenzione della comunità scientifica per oltre un secolo, fino a quando ne è stato possibile il rilievo e lo studio mediante prove verificabili. Attualmente si riconoscono una cinquantina di tipi diversi di sinestesia che, considerati complessivamente, si ritiene interessino lo 0,5% della popolazione (Ramachandran & Hubbard, 2005), anche se tale stima è stata ottenuta per inferenza indiretta e, probabilmente, è approssimata per eccesso.

Una forma relativamente frequente di sinestesia consiste nella percezione del colore di un numero. Non si tratta di un’associazione di idee, infatti il colore non è immaginato, ma è “visto” dal soggetto come se la cifra che ha dinanzi agli occhi fosse dipinta di quel colore. In un comune test di laboratorio, si propone a questi soggetti una matrice di numeri neri, in cui il numero che loro vedono colorato compare più volte componendo un pattern che risulta indistinguibile e, perciò, invisibile a tutti meno che a loro. Noi, per ottenere lo stesso effetto percettivo, dobbiamo impiegare cifre realmente colorate” (Note e Notizie 14-07-07 Anatomia cerebrale della percezione cosciente).

Row e Sholte, oltre dieci anni fa, hanno esaminato con fMRI e DTI l’attività cerebrale di soggetti portatori di sinestesia grafema-colore, ossia persone che vedono di un particolare colore una lettera dell’alfabeto. Le metodiche impiegate hanno rivelato un’accresciuta connettività tra il giro fusiforme di destra (implicato nella percezione delle parole e dei colori), il solco intraparietale sinistro e la corteccia frontale. Il grado di connettività della corteccia del lobo temporale destro era correlato con l’intensità dell’esperienza sinestesica (cfr. Note e Notizie 14-07-07 Anatomia cerebrale della percezione cosciente).

Consentendo, in tal modo, di rilevare le connessioni funzionali normalmente assenti e legate al fenomeno di interferenza sinestesica, questi studi forniscono un contributo per il difficile compito di delineare le basi morfo-funzionali dei processi di elaborazione cognitiva della percezione. Lo studio della sinestesia non è dunque - come alcuni ritennero per l’interesse di Galton - un esercizio di puro diletto per soddisfare una curiosità da salotto, ma l’analisi di un modello di difettosa elaborazione della percezione, che può consentirci di migliorare la comprensione delle sue basi cerebrali.

 

L’esposizione precoce a condizioni avverse nelle scimmiette “titì” ha prodotto un effetto inaspettato. Le graziose scimmiette amazzoniche diffuse in Brasile, Colombia del Sud, Perù e Paraguay, note col nome di callicebi o titì (Callicebus; Thomas, 1903), sono state protagoniste di un interessante esperimento in campo aperto. Poste in un nuovo ambiente, quelle che avevano sperimentato avversità nella fase iniziale della vita hanno mostrato maggiore indipendenza emozionale e fisica. Invece di reagire patologicamente allo stress, come ci si attendeva, hanno dimostrato maggiore capacità di adattamento. [Larke R. H., et al. Am J Primatol. 79 (9), 2017].

 

Notule

BM&L-03 marzo 2018

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